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L’acquisto della qualità d’imprenditore


  1. L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITÁ DI IMPRESA
1)      Esercizio diretto dell’attività d’impresa (o con mandato con rappresentanza):
Non ci sono problemi nell’individuare il soggetto cui è imputabile la disciplina dell’attività d’impresa quando gli atti d’impresa sono compiuti direttamente dall’interessato o da altri in suo nome. Per il principio della spedita del nome, centro d’imputazione degli effetti dei singoli atti giuridici posti in essere è il soggetto e solo il soggetto il cui nome è stato validamente speso nel traffico giuridico. L’imprenditore può anche agire tramite mandato. [Il mandatario opera nell’interesse di un altro soggetto e può porre in essere i relativi atti giuridici sia spendendo il proprio nome (mandato senza rappresentanza) sia spendendo il nome del mandante (mandato con rappresentanza). Quando il mandatario agisce in nome del mandante tutti gli effetti negoziali si producono direttamente nella sfera giuridica del mandante. Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.]
Quindi la qualità d’imprenditore è acquistata dal soggetto e solo dal soggetto il cui nome è stato speso nel compimento dei singoli atti d’impresa. Diventa imprenditore colui che esercita personalmente l’attività d’impresa compiendo in proprio nome gli atti relativi. Non diventa imprenditore il soggetto che gestisce l’altrui impresa quando operi spendendo il nome dell’imprenditore, per effetto del potere di rappresentanza conferitogli dall’interessato o riconosciutogli dalla legge. L’imprenditore diventa il rappresentato quando gli atti sono compiuti tramite rappresentante che, anche se sostanzialmente esercita l’attività d’impresa, non è mai imprenditore.



2)      Esercizio indiretto dell’attività d’impresa (≈ mandato senza rappresentanza):
In questo caso ci può essere una dissociazione tra il soggetto formalmente imprenditore e il reale interessato: uno è il soggetto che compie in proprio nome i singoli atti d’impresa (imprenditore palese o prestanome), l’altro è il soggetto che somministra al primo i necessari mezzi finanziari, dirige in fatto l’impresa e fa propri tutti i guadagni (imprenditore indiretto o occulto, dominus). Questo è il fenomeno dell’esercizio dell’impresa tramite interposta persona. Qui il rischio d’impresa non sarà sopportato dal reale imprenditore (cioè quello occulto) ma è da questi trasferito, attraverso lo schermo dell’imprenditore palese, sui creditori.

Secondo la teoria del potere d’impresa, quando l’attività d’impresa è esercitata tramite prestanome, responsabili verso i creditori sono sia il prestatore, sia il dominus, per quanto solo il primo acquisti la qualità di imprenditore e sia senz’altro esposto al fallimento.
Secondo la teoria dell’imprenditore occulto il dominus di un’impresa formalmente altrui non solo risponderà insieme a questi, ma fallirà sempre e comunque qualora fallisca il prestanome. Ciò sarebbe giustificato dal 2° comma dell’art. 147 l.f. per cui il fallimento della società si estende anche ai soci la cui esistenza sia scoperta dopo la dichiarazione di fallimento della società e dei soci palesi (fallimento del socio occulto di società palese). Se fallisce la società occulta è inevitabile che fallisca anche l’imprenditore occulto. Quindi si afferma la responsabilità e l’esposizione al fallimento di chiunque domini un’impresa a lui formalmente non imputabile. È stata affermata la responsabilità del socio tiranno di una s.p.a. e quella dell’azionista o degli azionisti sovrani. Si arriva a sanzionare con la responsabilità personale o col fallimento ogni forma di dominio occulto o palese dell’altrui impresa.

  1. INIZIO E FINE DELL’IMPRESA
La qualità d’imprenditore si acquista con l’effettivo inizio dell’esercizio dell’attività d’impresa, non basta l’intenzione e l’iscrizione nel registro delle imprese non è condizione né necessaria né sufficiente per l’attribuzione della qualità d’imprenditore commerciale.
Le società acquisterebbero la qualità d’imprenditori fin dal momento della loro costituzione quindi prima ed indipendentemente dall’effettivo inizio dell’attività produttiva. Ma l’art. 2082 c.c. ricollega l’acquisto della qualità imprenditoriale all’esercizio e non alla mera intenzione di esercitare un’attività d’impresa, quindi il principio dell’effettività deve trovare applicazione anche per le società.

Se il compimento di atti tipici d’impresa non è preceduto da una fase organizzativa oggettivamente percepibile, solo la ripetizione nel tempo di atti d’impresa coordinati ed omogenei renderà che non si tratta di atti occasionali ma di attività professionalmente esercitata.
Se viene creata preventivamente una stabile organizzazione aziendale, indice non equivoco di attività professionale, anche un solo atto di esercizio sarà sufficiente per affermare che l’attività è iniziata.
Anche gli atti di organizzazione sono atti d’impresa e possono essere equiparati agli atti di gestione non preceduti da una fase organizzativa. Questi determineranno l’acquisto della qualità d’imprenditore quando manifestano in modo non equivoco lo stabile orientamento dell’attività verso un determinato fine produttivo sia pure non realizzato. Ma un singolo atto o più atti non coordinati non saranno sufficienti per l’acquisto della qualità d’imprenditore per una persona fisica. Per le società, invece, basta un solo atto di organizzazione imprenditoriale.

La qualità d’imprenditore si perde solo con l’effettiva cessazione dell’attività. Gli avvisi al pubblico, la cancellazione dagli albi o registri… sono solo indici presuntivi. Solo per l’imprenditore commerciale è importante la determinazione esatta del giorno di cessazione dell’attività per la previsione dell’art. 10 l.f. che lo stesso può fallire entro 1 anno da questa data. La fine dell’impresa è di regola preceduta dalla liquidazione che costituisce ancora esercizio dell’impresa e si chiude con la definitiva disgregazione del complesso aziendale. Posso sopravvivere solo le passività.
Per quanto riguarda le società, queste perdono la qualità d’imprenditore con la cancellazione dal registro delle imprese che presuppone la disgregazione dell’azienda e l’integrale pagamento delle passività. L’art. 10 l.f. si applica dal giorno di questa cancellazione.

  1. CAPACITÁ E IMPRESA
La capacità di agire è presupposto per l’acquisto della qualità d’imprenditore, si acquista al compimento del 18° anno di età e si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. L’esercizio dell’attività d’impresa in violazione di tali norme non fa sorgere la qualità d’imprenditore ma la sorte dei singoli atti dallo stesso compiuti è regolata da disposizioni.
L’incompatibilità è un divieto di esercizio di impresa commerciale posto a carico di coloro che esercitano determinati uffici o professioni. La violazione di ciò espone solo a sanzioni amministrative e ad un aggravamento delle sanzioni penali per bancarotta in caso di fallimento.
L’inabilitazione temporanea all’esercizio di un’attività commerciale non impedisce l’acquisto o il riacquisto della qualità d’imprenditore commerciale.

È possibile l’esercizio di attività d’impresa per conto e nell’interesse di un incapace o da parte di soggetti limitatamente capaci di agire con l’osservanza delle disposizioni. Mentre per l’attività agricola valgono le norme di diritto comune, per l’attività commerciale si osservano gli art. 320, 371, 397, 424 e 425 c.c..
Il rappresentante legale dell’incapace è legittimato a compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione mentre può compiere quello di straordinaria amministrazione solo in caso di necessità o di utilità evidente.
Il legislatore pone un divieto assoluto di inizio di impresa commerciale per i minori e gli interdetti. È consentita solo la continuazione dell’esercizio di una impresa commerciale preesistente quando ciò sia utile per l’incapace e sia autorizzata dal tribunale (ciò amplia i poteri del rappresentante legale). I genitori o il tutore sono legittimati a compiere tutti gli atti che rientrano nell’esercizio dell’impresa.
L’inabilitato può compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione ma la sua posizione è parificata agli incapaci assoluti.
Solo il minore emancipato (minore che è ammesso dal tribunale a contrarre matrimonio prima del compimento del 18° anno) può essere autorizzato dal tribunale anche ad iniziare una nuova impresa commerciale, acquisendo la pena capacità di agire e esercitando l’impresa anche senza l’assistenza di un curatore, e può compiere da solo gli atti di straordinaria amministrazione. L’autorizzazione è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese come la sua revoca.
Anche il minore è assoggettato al fallimento ma è possibile evitare che le sanzioni penali colpiscano il minore fallito e ricadano anche sul rappresentante legale.

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